Secondo un rapporto McKinsey, preparato in occasione del G8 dello scorso maggio per analizzare l'impatto della Rete sulla politica e sull'economia, Internet ha un ruolo trainante nello sviluppo economico. Quel report metteva a confronto tredici paesi: quelli del G8 più Cina, Brasile, Corea del Sud, India e Svezia; l'Italia non ci faceva una bella figura, visto che eravamo in fondo a tutte le classifiche.
L'Italia è il paese che meno si sta avvantaggiando della ricchezza che la Rete porta all'economia. In Francia, per esempio, il risultato occupazionale è questo: 1 milione e 200 mila posti di lavoro creati in quindici anni grazie alla Rete, 500 mila posti perduti, saldo positivo 700 mila. In pratica, da noi ogni due posti perduti se ne creano tre, in Francia cinque.
Perché questa enorme differenza? Ci sono tanti motivi: il più evidente è la scarsa diffusione della banda larga e quella, pressoché inesistente, della banda ultralarga (fino a 100 megabit al secondo). Calcola Sacco: "È dimostrato che ogni 10 per cento di aumento di penetrazione della banda larga, la ricchezza di un paese in termini di Pil cresce dell'1 per cento. E ogni mille nuovi utenti di banda larga si creano 80 nuovi posti di lavoro". Ci sarebbe da correre a dare un senso al tavolo aperto mesi fa dal ministro Paolo Romani con le società di telecomunicazioni che finora non ha prodotto nulla o quasi. Del resto quando lo scorso giugno il ministro Tremonti provò ad inserire nella manovra del Patto di Stabilità una norma che equiparava l'accesso a Internet ad un diritto universale facendo propri gli obiettivi della Agenda Digitale Europea (connessione garantita minima per tutti a 30 megabit: oggi siamo sotto i 3), fu messo in minoranza dallo stesso governo e ne uscì un articolo molto blando che si limitava a generici auspici.
Non è però solo una questione di fibra (ottica). C'è una questione di cultura. Di incapacità di capire il potenziale di innovazione portato dalla rete non solo per le aziende che offrono servizi Web, ma soprattutto per le altre. Secondo McKinsey, "Internet comporta una modernizzazione per tutti i settori economici e il maggiore impatto positivo si registra per le imprese tradizionali: tre quarti della ricchezza totale prodotta dalla Rete viene da aziende che non si definiscono Internet player ma che hanno beneficiato dalla innovazione digitale". In questo ambito, il ruolo più importante sembrano giocarlo le piccole e medie imprese, che grazie alla Rete possono fare economie di scala, aprirsi a nuovi mercati e recuperare competitività: fra 4800 casi analizzati in occasione dello scorso G8, "le aziende con una forte presenza Web sono cresciute molto di più, fino al doppio di quelle che invece non usano la rete. Le prime hanno anche un valore doppio di esportazioni e di posti di lavoro creati".
Tratto da Repubblica
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