Secondo i dati diffusi dall'Istat nel report “Indicatori ambientali urbani” dedicato all’analisi dell’eco-compatibilità delle città italiane: nel 2010 la raccolta differenziata in Italia ha raggiunto il 31.7% (contro un obiettivo fissato al 50% per tutti i comuni della penisola entro la fine del 2009), con una crescita di appena l’1,4% a livello nazionale. Uno sforzo insufficiente. Bisogna impegnarsi a differenziare/diminuire i rifiuti molto di più e meglio.
Nonostante sia prevista nel 98% dei comuni italiani, secondo il report dell’Istat, separare i rifiuti è per ora un’abitudine consolidata soprattutto al Nord dove si raggiunge in media la percentuale del 40% (con punte del 47.1% nel Nord-est) contro il 28.1% dei comuni del Centro, il 21.3% al Sud e solo il 15% nelle isole.
Viene praticata maggiormente nei comuni di piccole dimensioni (+10% rispetto alla media dei capoluoghi con oltre 250mila abitanti), mentre per quanto riguarda le grandi città il dato migliore arriva da Verona (50%) seguita da Torino (43.3%), Firenze (38,4%), Milano (35,9%), Venezia (35,6%) e Bologna (34,8%) mentre Napoli si ferma al 17.7% (a differenza degli altri capoluoghi campani che superano tutti la media nazionale).
Malgrado questi risultati, la prova che, a livello nazionale, qualcosa si stia lentamente muovendo nelle amministrazioni italiane verso una più corretta gestione dei rifiuti, arriva dal confronto dell’Istat con i dati del 2000, secondo cui si registra un aumento di circa il 50% della raccolta differenziata sul territorio nazionale negli ultimi dieci anni. Un andamento che rischia però di subire le conseguenze negative dell’aumento (+0.9%) dei valori relativi alla produzione totale di rifiuti in Italia. Con 609,5 kg per abitante nel 2010 contro i 550kg nel 2000, e per il primo anno in controtendenza dal 2006, quest’ultimo indicatore dell’Istat dimostra come ridurre, oltre a differenziare, sembri invece ancora un obiettivo irraggiungibile.
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